Il nome di Fabio Guaglione, sceneggiatore per il cinema e la carta stampata, è ormai ricorrente su Players e non ha bisogno certo di presentazioni. Da tempo seguiamo con interesse i suoi progetti, su tutti IF, saga crossmediale che si estende (per ora?) tra romanzi e fumetti. Di recente abbiamo avuto modo di rivolgergli nuovamente qualche domanda e fare così il punto suul progetto e sulla sua vita professionale. Bando alle ciance, dunque!

L’universo di IF è denso, stratificato. Da dove sei partito: da un’immagine, un concetto o un personaggio? 

L’universo di IF – detto Imagoverso – nasce da… La Fondazione Immaginaria, romanzo scritto assieme a Maurizio Temporin. Una storia che fonde molti argomenti a noi molto cari, in cui ovviamente si celebra la potenza dell’immaginazione, una vera e propria forza universale. Siamo partiti – ovviamente – dall’idea vera e propria, ovvero, una società segreta incaricata di proteggere il mondo dalla sua stessa fantasia. Dei men in black che si occupano di combattere i frutti più pericolosi della nostra immaginazione… poiché essa è in grado di modificare la nostra realtà. Non solo: devono rintracciare i romanzi più pericolosi – ovvero quelli in grado di stimolare in maniera incontrollata l’immaginario collettivo – per evitare vere e proprie catastrofi, avendo a che fare con eventi e personaggi creati in altri volumi, definiti imagonoidi…  

Ecco, da qui l’idea di creare un vero e proprio universo condiviso, in maniera non proprio convenzionale. Quando con Panini Comics e con La Corte Editore ci siamo trovati di fronte alla possibilità di lavorare su uno slate di diversi volumi, abbiamo pensato di usare la Fondazione Immaginaria come il collante narrativo tra tutte le trame, in maniera invisibile. Ogni volume – romanzo o graphic novel – è comprensibile completamente a se stante, eppure esistono dei collegamenti – alcuni espliciti, altri da immaginare per il lettore – tra i vari tasselli del mosaico.  

Insomma, più difficile da spiegare che da leggere…  

Il fumetto e il romanzo si specchiano e si rincorrono. Come hai deciso cosa raccontare in quale formato? 

Il romanzo è stato concepito e scritto precedentemente. In un certo senso quindi la graphic novel è un sequel o meglio – si ambienta dopo gli eventi del romanzo. Il fumetto è stato concepito anche come “crossover” tra le storie precedenti edite da Panini Comics, e completamente separate tra di loro: il thriller fantascientifico Quarantine Prophets, l’horror investigativo Carisma e lo urban fantasy Carnivalia. 

Il fumetto e il romanzo – anzi, i fumetti e i romanzi – si inseguono anche in maniera metanarrativa. Ad esempio, al salone del libro uscirà La Crepa nel cielo un libro per bambini scritto da Leo Knights… che è il protagonista della Fondazione Immaginaria! E anche il romanzo Carnivalia – Schiavi della maschera che è scritto da Diego, il ragazzo al centro delle vicende della graphic novel di IF!

Abbiamo provato a rendere unico ogni volume – fumetto o romanzo – all’interno dell’Imagoverso, evitando semplicemente di cambiare formato per raccontare la stessa storia… anzi.
 

Nelle tue storie c’è spesso un’ossessione per le possibilità mancate. Quanto conta il “what if” nella tua scrittura? 

Ah, non m’ero mai accorto! Mmm… le possibilità mancate. Una sorta di FOMO, dite? Qui è l’inconscio che lavora. Ultimamente ho pensato molto alla scrittura, non solo in termini felici. Soprattutto quando lavori mesi, anni interi, a storie che non vedono poi la luce (questo avviene soprattutto in ambito audiovisivo più che letterario). E ho capito che, esplorare certi mondi immaginari, immedesimarsi nei viaggi dei personaggi, ha un valore enorme di per sé al di là del fatto che poi queste storie prendano forma o no, poiché l’autore ha la possibilità di scoprire qualcosa di se stesso, di vivere esperienze o emozioni che altrimenti forse non si sarebbero mai vissute. Perché se scrivi davvero, quei mondi li percorri, quelle emozioni ti toccano. Quindi forse creare storie è un modo per sublimare quest’ossessione di possibilità mancate.  

I tuoi protagonisti sono sempre in bilico tra l’umano e l’eroico. In IF sembra che il vero potere sia quello della scelta: sei d’accordo? 

Penso che tutte le buone storie debbano avere dei protagonisti tra l’umano e l’eroico (o anti-eroico). In fondo le storie altro non sono che rielaborazioni continue di archetipi dell’esistenza e dell’inconscio che precedentemente abbiamo conosciuto come mito. La scelta è il potere non solo dei protagonisti delle storie, ma di ogni individuo, di ognuno di noi. E spesso per poter compiere una scelta è necessario immaginarsi di avere la possibilità di scegliere. E nel caso non potessimo avere scelta per cambiare nessun evento, possiamo sempre avere la scelta di come viverlo. Sembra una cosa new age, ma cambiare la prospettiva è una manovra interiore in grado di modificarci. E se modifichiamo noi stessi, a volte riusciamo a modificare il mondo attorno a noi, o come lo vediamo, come lo viviamo, cosa vogliamo prendere da esso. 

Hai lavorato in cinema, tv, libri e ora anche fumetti. Che libertà (o limiti) ti ha dato il medium fumetto rispetto agli altri? 

Beh, innanzitutto il fumetto sono il mio primo amore. Leggo fumetti da quando ho cinque anni.  È scontato dire che nei fumetti – rispetto a cinema e tv – non hanno il problema del budget. Disegnare un incontro tra due personaggi costa tanto quanto un’invasione aliena (al netto della bravura e della pazienza del disegnatore e del colorista). Inoltre, c’è meno rigidità sui generi, mentre nell’audiovisivo in Italia si pensa essenzialmente a commedie, drammi, crime e forse qualche thriller. Una cosa molto interessante che dà il fumetto è sì, il limite delle pagine in cui raccontare una storia, ma il linguaggio permette di dilatare o comprimere i ritmi in maniera unica, creando stasi o ellissi che non sarebbero consone in altri media.  

Come hai collaborato con artisti e illustratori per creare l’estetica di IF? C’è un “mood board” nascosto da qualche parte? 

Ogni graphic novel dell’Imagoverso è stata affrontata come un progetto a sé. 

Con Giovanni Timpano, abbiamo impostato Quarantine Prophets come se fosse una serie tv di fantascienza realistica. Quindi gran parte degli studi si sono concentrati sulla creazione del design dell’ambiente e delle uniformi. 

Con Lorenzo Zaghi l’obiettivo di Carisma era quello di dar vita ad atmosfere lugubri e terrificanti ambientate in Italia, in cui gli esorcismi potessero inquietare per il loro aspetto visionario ma plausibile, che andasse a colpire il lettore in maniera subliminale.  

Per Carnivalia, con Bruno Frenda ci siamo detti: ok divertiamoci. È un comic book scatenato in cui cowboy si scontrano con pirati che combattono con supereroi che cercano di sopravvivere contro zombie, fantasmi e cyborg…  

Alessio Cammardella su IF ha avuto il compito arduo di ritrarre tutti i personaggi degli altri fumetti, mescolandoli con i protagonisti della Fondazione Immaginaria, in un unico mood. Il tratto di Alessio, che coniuga influenze europee e da mangaka, è riuscito ad amalgamare una serie di elementi improbabili in un vero e proprio blockbuster con paio di sequenze madri, articolate e complesse… 

Il design del mondo della Fondazione Immaginaria è stato immaginato (e disegnato!) dal concept artist Gianluca Rolli e Maurizio Temporin. 

Il tempo, nei tuoi progetti, è spesso non-lineare. Quanto ti diverte smontare la cronologia classica del racconto? 

In realtà non mi diverte, e a volte temo che complichi il racconto… ma, per un motivo o per l’altro, mi viene sempre spontaneo, o trovo sempre una ragione per farla nella specifica storia. Forse perché credo che il tempo non sia lineare, sono la nostra mente e il nostro corpo a costringerci a viverlo così (e viverlo male, aggiungo).  
Inoltre, la non linearità spesso risulta tra la giustapposizione tra quello che accade nel mondo esterno (diciamo reale) e il mondo interiore (diciamo emotivo) del personaggio, e quest’ultimo spesso è raccontato con flashback, appunto, sparsi nel tempo…  

C’è un’estetica molto precisa in IF, tra tech noir, cyber, e new weird. Quali sono stati i tuoi riferimenti visivi e culturali?

Wow, che disamina! 

Per il fumetto di IF credo che una delle influenze principali sia stata Neon Genesis Evangelion e il mondo della X-Mansion dei mutanti Marvel. Non mi vengono in mente altri esempi, e spero sia una cosa positiva… per quanto essere influenzati e avere delle ispirazioni sia inevitabile, cerco sempre di dar vita a qualcosa che abbia una propria identità… 

Alcuni elementi ricordano Black Mirror, altri Inception, altri ancora Donnie Darko. Quanto cinema c’è nel tuo modo di scrivere? 

È inevitabile. Ma quando scrivo fumetti cerco di pensare ai fumetti…  

La serialità ormai è ovunque: IF sembra quasi progettato per espandersi in altri media. È un universo transmediale voluto o è venuto da sé? 

Entrambe le cose. Un po’ è venuto da sé man mano che ci lavoravamo. Un po’ invece è talmente insito nell’idea del concept, che la transmedialità è una delle direzioni verso cui punta, così come la serialità. Il finale del romanzo ad esempio, senza spoilerare, è un colpo di scena che rilancia ad un sequel che forse non arriverà mai, che però potrebbe essere immaginato dal lettore. 

I sequel non sono quasi mai all’altezza di ciò che immaginano i fan!

Alla fine di questo primo ciclo avremo ben nove volumi pubblicati: quattro fumetti e cinque romanzi. Cosa c’è dopo? Vedremo…

C’è un equilibrio interessante tra l’intimismo della narrazione e l’epica delle scelte cosmiche. Come si bilanciano queste due anime? 

Ogni scelta intima può influenzare il cosmo intero. È quello che mi piace pensare, e quello che mi piace raccontare in una storia. Un bacio che salva il mondo. Un omicidio che crea una realtà parallela. Una confessione che porta all’inferno. Penso che dentro di noi ci siano interi universi, e che l’universo funzioni secondo leggi che valgono anche per l’animo umano. Il piccolo fa parte del grande, ma il grande è contenuto nel piccolo in un gioco di specchi continuo. La realtà è frattale, e quando si riesce a intuire la connessione tra essere umano e natura, credo si possano compiere miracoli. Intanto bisogna accontentarsi di scrivere storie… 

Parlaci di una scena che hai scritto e poi eliminato. Che realtà parallela si è persa lì? 

Hm. Di tutti e nove i volumi, non mi viene in mente nemmeno una scena eliminata (cosa che invece accade a dozzilioni di volte per la scrittura in ambito cinema e tv). Forse perché prima di andare nella sceneggiatura vera e propria, solitamente lavoro moltissimo su un trattamento che preveda ogni scena (soprattutto per i fumetti, per accertarmi di stare nelle pagine previste!) Con gli altri autori e co-autori di ogni volume, abbiamo lavorato intensamente per definire le storie prima di scriverle. Nessuna realtà parallela è andata persa… se non quelle delle trame scartate per ogni volume! 

Il titolo, IF, è semplice ma denso. Quando è nato? È stato sempre lui o ha vinto su altri candidati? 

Il titolo originario era Imaginary… Poi lavorando al progetto, abbiamo creato la Imaginary Force, ovvero il corpo operativo che si occupa delle minacce create dalla fantasia. Quindi avevamo già un acronimo, IF, che era molto potente perché vuol dire “Se”… What IF, E se…? Un acronimo perfetto per una storia che parla di immaginazione. Non eravamo ancora convinti del titolo però. Finché ci è venuto in mente che il luogo dove i bambini Imago vanno a studiare è una fondazione… nome che indica sia una struttura che un concetto. Come se la Fondazione Immaginaria ponesse appunto le fondamenta di un universo immaginario. E anche questo – Imaginary Foundation – aveva come acronimo IF. 

C’è un messaggio che speri arrivi al lettore, oppure preferisci che si perda (e si ritrovi) dentro l’universo? 

Quando scrivo una storia, c’è sempre un messaggio che spero arrivi al lettore, ma ancora prima spero che arrivi un’esperienza. Come dire, più che dare una risposta, mi interessa porre una domanda. What IF? appunto.  

Nel caso specifico de La Fondazione Immaginaria, ovviamente vogliamo valorizzare l’aspetto importante – e lasciatemi dire, molto concreto – dell’immaginazione, vero e proprio strumento per dare una forma al proprio futuro, e per affrontare le difficoltà della vita. Le cose sono soprattutto come le vivi.  

Detto questo, amo il concetto di un qualcuno che si perda dentro una storia, dentro l’universo da essa creato. Stanley Kubrick mi pare dicesse “fare un film vuol dire creare una storia, e perdersi in essa.”

Da Mine a IF, c’è un filo rosso che unisce i tuoi progetti? O preferisci ogni volta rompere tutto e ricominciare? 

Mi piace spaziare tra i generi e tra i media… cosa che nell’industria non sempre mi aiuta perché vengo visto come un animale strano. Mi piace cimentarmi in racconti che non ho mai affrontato, in questo senso non amo le confort zone. Mi piace prendere una storia archetipica e cambiarne la prospettiva. Di sicuro mi piace prendere un piccolo momento umano, ed elevarlo a epica.   

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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